7 italiani su 10 sono analfabeti funzionali
Un'indagine Istat del 2017, prima della pandemia, portava alla luce un dato per l'epoca allucinante: "Il 70% degli italiani è analfabeta funzionale".

Ma cosa è successo dopo la pandemia? Cosa siamo diventati oggi? Bene oggi quei dati si sono solo stabilizzati e fossilizzati 70% continuano in parte analfabeti funzionali, mentre il 30% restante si è ancor più staccato dalla media diventando sempre più preoccupato, analitico e dubbioso, riflessivo, a volte coinvolgendo qualcuno degli altri, ma solo per alcuni assunti di interesse personale.
Per l'epoca questi dati potevano sembrare sicuramente sensazionalistici, ma l'indagine Istat rivelava una cruda realtà: il 70% degli italiani legge, guarda, ascolta... ma non capisce.
Vive oggi, in internet 35/40% del suo tempo totale, ma guardando foto, leggendo velocemente titoli, giocando giochi per lo più semplici è facili da capire e la situazione è ancora più grave, con percentuali che sfiorano l'80% in regioni insospettabili. In pratica, più di tre persone su quattro tra quelle che incontriamo ogni giorno – al bar, al lavoro, sui mezzi pubblici – sono incapaci di comprendere e rielaborare un testo o un discorso di media complessità.
Nella literacy il 35% degli adulti italiani (media Ocse 26%) ha ottenuto un punteggio pari o inferiore al livello 1 e rientra quindi nella categoria degli analfabeti funzionali, ma noi analizziamo il primo dato, questi numeri sono per confondere e farvi credere che si il dato è grave, ma non gravissimo, in modo da poterlo gestire.
Questa forma di analfabetismo funzionale non riguarda la capacità di leggere o scrivere, ma quella di capire. Si tratta di persone che, pur sapendo leggere le parole, non riescono a cogliere il significato profondo di ciò che leggono o ascoltano. Vivono di frammenti, colgono solo segnali semplici e immediati, privi però di una logica coerente. E favoriscono quelli che hanno come attitudine, l'imbroglio, l'occultamento e nessuna vergogna, facendosi ingannare con facilità.
La pandemia ne è stato un esempio relativamente recente, ma già con altre situazioni si era già notata un'assuefazione alla Grande Bugia, pur che fosse detta, filmata o scritta bene, meglio se sulla TV.
Una società della "pancia", non della riflessione
Viviamo in un'epoca dominata dall'emozione e non dalla ragione. Questa incapacità di comprendere e analizzare la complessità della realtà si riflette sulla partecipazione sociale e politica: il cittadino, anziché essere consapevole e informato, agisce seguendo impulsi superficiali. E la scuola, che dovrebbe fornire gli strumenti per superare queste barriere, fatica a colmare il divario, anzi in taluni casi è complice della situazione.
I numeri non lasciano spazio a dubbi: circa il 25% degli italiani non ha alcun titolo di studio o possiede solo la licenza elementare, e il livello di laureati è tra i più bassi d'Europa.
Ma anche tra i laureati quelli che realmente si impegnano sono solo il 60/70%. Oltre il 50% della popolazione affronta eventi complessi – pandemia, crisi economiche, politica, guerre – con una comprensione solo basilare. Modificata a piacere dalla TV e dai media mainstream, pur essendo per gli altri 50% ormai "una tigre di carta".
L'informazione che non informa
I dati Istat sono sconcertanti: quasi un italiano su cinque non ha mai aperto un libro, letto un giornale, visto un film al cinema o partecipato a eventi culturali. Per molti, la televisione resta l'unica fonte informativa, contribuendo a creare una realtà percepita distorta e semplificata, gestita per mantenerli sempre più analfabeti funzionali.
Una questione educativa e politica
Il cuore del problema risiede nella scuola e nel sistema educativo, che non riesce a preparare i cittadini a un mondo sempre più complesso e competitivo. La scarsità di investimenti negli ultimi 20 anni, nella ricerca e nell'istruzione lascia l'Italia indietro rispetto a molti paesi, aggravando il divario culturale.
L'analfabetismo funzionale non è solo una statistica inquietante, ma una piaga sociale che mina il futuro del paese. Superare questa crisi richiede un profondo ripensamento delle politiche educative e culturali, perché una società che non comprende non può crescere.
La politica oltre a non comprendere il problema sembra approfittarne, e non parlo solo di chi governa, ma principalmente di chi semplicemente si lega ad una compagine invece che un'altra, chi usa scioperi per far carriera e chi ubbidisce a schemi importati da altri.
Questo articolo con certezza sarà crIticato, da alcuni, ma non dalla maggioranza esattamente perché non percepito, compreso e analizzato.
Andrea Ruggeri