Attentato in acque italiane

ATTENTATO IN ACQUE ITALIANE: LA SEAJEWEL E IL SILENZIO ASSORDANTE SUL SABOTAGGIO UCRAINO
Siamo in leggero ritardo, è vero. Ma siamo un settimanale, e di fronte a una vicenda così grave, preferiamo prenderci il tempo per offrire un'analisi lucida e completa, senza rincorrere il clamore né cedere all'oblio mediatico.
Perché qui non si parla solo di un'esplosione su una petroliera. Si parla di un attentato terroristico avvenuto in acque italiane. E di un possibile coinvolgimento di gruppi ucraini in un'azione che, se confermata, metterebbe a repentaglio la sicurezza nazionale, l'integrità ambientale del nostro territorio e i delicati equilibri geopolitici tra Roma e Kiev.
La preoccupazione in Italia sembra quella di scoprire esattamente da dove viene il petrolio, la nostra che non distruggano la fauna e flora del nostro mare.
Le esplosioni a bordo della Seajewel, ormeggiata il 14 febbraio al largo di Savona, potrebbero essere frutto di un sabotaggio filo-ucraino.
È quanto emerge dalle indagini dell'intelligence italiana, riferite dal Copasir — il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica — e riportate da Il Fatto Quotidiano. Un'ipotesi inquietante, passata quasi sotto silenzio nei notiziari nazionali, oscurata dalla coltre complice di un'informazione che si finge indipendente.
I FATTI
La Sea Jewel, petroliera battente bandiera maltese, era arrivata da Bethioua, Algeria, ed era ormeggiata presso il campo boe Sarpom per scaricare il greggio destinato alla raffineria di Trecate. Un'imbarcazione imponente: 245 metri di lunghezza, oltre 100.000 tonnellate di capacità.
Nella notte di San Valentino, due ordigni esplosivi magnetici, collocati all'esterno dello scafo, sono detonati a 20 minuti di distanza l'uno dall'altro. Un attacco coordinato, mirato, tipico di operazioni militari coperte.
Le indagini della Procura di Savona e i rilievi subacquei dei sommozzatori lo confermano: non si è trattato di un incidente, ma di un'azione deliberata. E oggi, anche l'intelligence italiana non esclude più che dietro vi siano cellule filo-ucraina operative sul nostro territorio o nelle acque territoriali italiane.
UNA CATASTROFE SFIORATA
Solo il tempestivo intervento dei soccorsi ha evitato un disastro ambientale di proporzioni immani, con potenziali tonnellate di greggio riversate nel Mar Ligure. Ma il bilancio ecologico è già pesante: una moria evidente di fauna marina, segno tangibile della violenza dell'esplosione.
Eppure, di tutto questo, nessuno parla. Né i telegiornali generalisti, né la pseudo-opposizione in Parlamento, sempre pronta a gridare all'allarme democratico ma stranamente muta di fronte a una minaccia concreta alla sovranità nazionale.
DOPPIA MORALE MEDIATICA
Proviamo a immaginare per un attimo cosa sarebbe successo se il sospetto fosse ricaduto sulla Russia. Aprirebbero i telegiornali, si moltiplicherebbero gli speciali, verrebbero convocati esperti e strateghi da salotto. E invece, questa volta, si tace. O peggio: si cambia discorso.
Al momento dell'esplosione, i media si sono affrettati a insinuare — senza prove — che il carico fosse parte della famigerata "flotta ombra russa". Nessuno ha verificato. Nessuno ha smentito. Eppure il petrolio trasportato era kazako, non russo. E l'operazione si svolgeva in conformità con le normative internazionali.
Ma tutto questo non fa notizia. Fa più comodo parlare di triangolazioni oscure, lasciare intendere complotti energetici, piuttosto che ammettere che in acque italiane si sta combattendo una guerra segreta, con metodi da guerriglia e complicità da chiarire.
NON È UN CASO ISOLATO
La Sea Jewel non è l'unica vittima. Un mese prima, anche un'altra petroliera della compagnia Thenamaris, la Seacharm, è stata colpita da un'esplosione mentre era diretta in Turchia. Le informazioni riportate da Lloyd's List e Bloomberg confermano una preoccupante serie di attacchi mirati contro navi che non trasportano petrolio russo, ma che evidentemente rappresentano un bersaglio politico.
Altre navi colpite:
Koala, esplosa nel porto russo di Ust-Luga
Grace Ferrum, danneggiata in acque libiche
Una nave logistica dell'Esercito russo, affondata nel Mediterraneo
Attacchi coordinati, strategici, difficili da immaginare senza un appoggio operativo o informativo da parte di intelligence europee o britanniche.
UNA DOMANDA SCOMODA
È legittimo chiedersi: perché l'Italia tace? Perché il nostro governo non prende una posizione chiara? Cosa si aspetta, un incidente peggiore? Un'esplosione in porto? Uno sversamento incontrollato?
O peggio ancora: si sta tollerando tutto questo per non incrinare l'alleanza occidentale, anche a costo della nostra sicurezza?
CONCLUSIONE
In un clima sempre più pervaso da retorica bellicista, dove si invoca il riarmo dell'Europa per difendersi da presunte "invasioni russe fino a Lisbona", i cittadini italiani hanno il diritto di sapere che le vere minacce potrebbero già essere arrivate.
E che l'attentato alla Sea Jewel è solo la punta di un iceberg.
Il silenzio è complicità. E noi, almeno noi, non ci stiamo.
Djàvlon