Festa di San Rocco la sua storia

20.08.2023

La migliore spiegazione del culto e della festa di san Rocco a Scilla l'ho trovata su Radio Scilla web e con l'aiuto di altri siti ho pensato che la migliore opzione per chi non conosceva la sua storia era quella di dare una spiegazione facile e semplice, che facesse comprendere il culto sproporzionato degli scillesi a questo santo.

Il culto di San Rocco a Scilla risale al XV e XVI sec. al tempo in cui Scilla intratteneva rapporti commerciali con la città di Venezia, da dove giungevano dipinti, marmi e altri oggetti utilizzati per decorare gli edifici sacri. 

Rocco nacque a Montpellier, in Francia, nel 1295. 

Appartenente ad una nobile e ricca famiglia, più o meno ventenne, gli vennero a mancare a breve distanza l'uno dall'altro i genitori e, successivamente a questi eventi, distribuì ai poveri i suoi averi e s'incamminò per voto in pellegrinaggio verso Roma con l'abbigliamento tipico dei pellegrini dell'epoca.

Il pellegrinaggio verso Roma

Rocco si incamminò, presumibilmente, da Montpellier a Saint-Gilles, dove imboccò la via Tolosana (chiamata oltralpe via Italiana), strada di pellegrinaggio tra il sud della Francia e il nord Italia, passando per Arles, Tarascon e Aix-en-Provence.

Il tratto di strada successivo, per raggiungere la Toscana, è soggetto a due ipotesi: o la più breve, cioè la via Aurelia passando per Nizza, Savona, e fino a Genova, o quella più utilizzata dai pellegrini dell'epoca, che attraversava le Alpi sul Colle del Monginevro (sopra Briançon) per raggiungere la via Aemilia Scauri finendo quindi per confluire in quella che era la via Francigena, chiamata anche «romea» poiché conduceva i pellegrini a Roma. Entrambe le ipotesi confluiscono a Luni per poi attraversare Lucca, Firenze, Siena.

Questo tragitto in terra italiana avvenne durante l'epidemia di peste che investì l'area negli anni 1367 e 1368, e Rocco andò a soccorrere i contagiati anziché scappare dai luoghi ammorbati. Il pellegrino francese comunque aveva già conosciuto l'epidemia nella sua giovinezza a Montpellier, poiché la città occitana era stata investita dal morbo nel 1358 e nel 1361. Nella tragedia che colpì l'Italia, si faceva strada Rocco che, nonostante la sua persona delicata (piccolo di statura, pelle bianca, mani sottili ed eleganti, capelli biondi e arricciati, occhi dolci e pensosi e una testa piccola e regolare), si sentiva ugualmente idoneo ad affrontare il grave pericolo di un lungo viaggio e dedicarsi alla sua vera vocazione: la carità, senza alcun limite di tempo e spazio. Nel suo pellegrinaggio mai si confuse nella folla intenta a visitare e ammirare le chiese e i monumenti delle città.

Dalla Toscana Rocco raggiunse Acquapendente, una delle poche città ricordate unanimemente da tutte le antiche agiografie, non solo come tappa fondamentale e irrinunciabile per qualunque pellegrino medievale diretto a Roma, ma soprattutto in quanto suggestivo luogo del primo, importante episodio della vita di Rocco in terra italiana. Arrivò nel paese tra il 25 e il 26 luglio del 1367 e l'incontro con Vincenzo, presumibilmente soprintendente nel locale Hospitale di San Gregorio, è infatti diventato l'unico episodio che possa essere paragonato, in termini di popolarità, con i celebri eventi della zona di Piacenza. Un fatto straordinario accompagnò la missione del giovane pellegrino ad Acquapendente: su invito di un angelo, egli benediceva gli appestati con il segno della croce e all'istante li guariva toccandoli con la mano taumaturgica. Così, in breve tempo, l'epidemia si estinse.

Lasciata Acquapendente Rocco abbandonò la strada per la Città Santa per andare a Cesena, dove era in corso un'epidemia di peste, quindi riprese il suo percorso, sempre sulla via Francigena, da Arezzo, Orvieto, Bolsena, Viterbo, Sutri, arrivando a Roma.

Giunto a Roma, sempre nel periodo compreso tra il 1367 e il 1368, vi rimase tre anni curando gli ammalati all'Ospedale di Santo Spirito. Nella città eterna curò anche, fino a ottenerne la guarigione, un cardinale non meglio individuato che lo presentò in udienza al pontefice, che rimase ammirato da quel giovane. 

Dopo il pellegrinaggio Rocco sacrificò la propria vita per soccorrere i malati colpiti dall'epidemia di peste nera proveniente dall'Asia. 

Nel '500 la popolazione di Scilla rivolse le proprie preghiere a San Rocco durante la grave epidemia di peste che colpì l'area di Reggio Calabria e Messina. Scilla venne risparmiata dall'epidemia e l'episodio rafforzò la devozione della popolazione per il Santo.

Il culto e la devozione degli Scillesi per San Rocco vive ancora oggi e ogni anno la festa in onore al santo patrono di Scilla si svolge il fine settimana successivo al 16 Agosto, giorno in cui si commemora il santo. 

I festeggiamenti vengono inaugurati il venerdi con una breve processione della statua piccola di San Rocco, detta "San Roccheddu", che viene esposta nella cappella nei pressi della Villa Comunale. Il sabato e la domenica la statua grande del santo viene portata in processione attraverso tutto il paese seguita dai fedeli, passando per i quartieri di Chianalea, Marina Grande e San Giorgio. 

La processione della domenica si conclude in Piazza San Rocco con il tradizionale "trionfino", uno spettacolo pirotecnico unico nel suo genere, durante il quale la statua del Santo viene trasportata dai portatori in corsa sotto una cascata di fuochi d'artificio.