Monfalcone disfatta lista islamica

16.04.2025

Monfalcone, disfatta islamica e Pd ai margini: il voto è una sentenza politica

Il centrodestra stravince, la lista "Italia Plurale" naufraga. Schlein? Arrivata tardi e a vuoto.

Una débâcle. Senza mezzi termini. Le elezioni comunali di Monfalcone si chiudono con una sonora bocciatura per il progetto "Italia Plurale" – la prima lista interamente composta da candidati di origine straniera – e con un "ciaone" clamoroso per il Partito Democratico, nonostante il blitz finale di Elly Schlein. Il nuovo sindaco, Luca Fasan, conquista la città con oltre il 70% dei voti, lasciando briciole a tutti gli altri. E segnando una svolta che è tutto fuorché simbolica.

Il grande esperimento identitario che non ha convinto

"Italia Plurale" doveva essere la novità, il segnale di una società che cambia, la voce delle minoranze. Si è rivelata un esperimento fallito, che ha ottenuto solo il 3% dei voti. Troppo poco per entrare in consiglio comunale. Bou Konate, l'ingegnere senegalese a capo della lista, ha parlato di rappresentanza, di inclusione, di visione. Ma Monfalcone ha risposto con un silenzio sonoro: l'identità costruita attorno a bandiere comunitarie e religiose, in una città già tesa sul fronte dell'integrazione, non ha fatto presa.

Il PD continua a non capire il Paese reale

Il centrosinistra, nel frattempo, ha toccato l'ennesimo fondo. Diego Moretti, candidato sostenuto da ben quattro liste, si è fermato al 26%. Troppo poco, troppo tardi, troppo lontano dal sentire comune di una cittadina complessa, dove la sinistra continua a presentarsi con categorie e parole d'ordine che la gente non riconosce più. Il colpo di teatro con Elly Schlein, scesa in piazza in chiusura di campagna, non ha sortito alcun effetto. Anzi, ha solo accentuato la distanza tra la base e una leadership nazionale che fatica a leggere la realtà oltre i confini dei salotti romani.

La realtà di Monfalcone: fabbriche, tensioni e identità

Monfalcone non è una città qualunque. È un centro industriale, simbolo di un Nordest che lavora e che cambia pelle. Il 30% della popolazione è di origine straniera, in gran parte musulmana. È anche una città dove le politiche dell'ex sindaca Cisint – tra chiusure di moschee abusive e strette sul cricket nei parchi – hanno lasciato un segno. Non a caso, la lista civica intitolata proprio a lei ha preso il 24%, contribuendo in modo decisivo al successo di Fasan. Piaccia o meno, la destra qui è percepita come concreta, coerente, capace di garantire ordine. E quando la sinistra si presenta con Soumahoro e le narrazioni post-identitarie, il distacco diventa abissale.

Le urne non mentono

Affluenza al 57%, maggioranza schiacciante al centrodestra, opposizione ridotta ai minimi termini. Questo è il verdetto. Monfalcone ha parlato, e non in punta di piedi: ha rigettato il modello multiculturale imposto dall'alto, ha ignorato l'ennesima chiamata moralista del Pd, e ha detto chiaramente che certe battaglie identitarie non sono prioritarie – o, peggio, sono percepite come provocatorie.

Il dato più amaro? Non è solo la sconfitta numerica. È l'incapacità del centrosinistra di comprendere che in certi territori, continuare a parlare di "pluralità" senza affrontare il tema dell'equilibrio sociale è una forma di miopia politica. E la realtà, prima o poi, presenta sempre il conto.

Djàvlon