Novità archeologiche sui Bronzi di Riace
Il dibattito sui Bronzi di Riace è tornato al centro della scena culturale italiana, stimolato da contributi non solo di studiosi del settore, ma anche di appassionati e archeologi non specialisti della materia.
Questo fenomeno, a mio modesto avviso, sebbene talvolta critico per la scientificità del dibattito, ha un merito innegabile: mantiene viva l'attenzione sui due straordinari capolavori e favorisce la loro promozione e divulgazione preso il grande pubblico.
Con rispetto verso tutte le opinioni e teorie, nell'ottica della public history, che in Italia chiamiamo "archeologia pubblica", che prevede la divulgazione alla cittadinanza delle scoperte archeologiche, perché la comprensione e una narrazione non specialistica hanno sempre avvantaggiato la tutela e la consapevole fruizione di ciascun bene culturale, in questo articolo si offrono alla conoscenza generale alcuni nuovi dati oggettivi, presentati qui per la prima volta, dopo essere stati condivisi in recenti convegni internazionale specialistici.
Per comprendere appieno questi nuovi dati, è necessario, però, ribadire alcune acquisizioni consolidate dalla comunità scientifica internazionale. Innanzitutto, la rappresentazione dei due Bronzi da me ipotizzata del 2000 è stata ormai largamente accettata: il Bronzo A è caratterizzato da un'espressione di ostilità e rabbia, mentre il Bronzo B si distingue per la presenza di una cuffia sotto l'elmo corinzio, elemento tipico di monarchi e generali.
La quasi unanimità degli studiosi concorda sul fatto che le statue siano state realizzate nella seconda metà del V secolo a.C., come dimostrano le analisi al carbonio 14 e la presenza di ceramica classica all'interno della terra di fusione, oltre che la forma degli elmi corinzi presenti su entrambe le statue.
È assodato, dopo ben quattro analisi tecniche, condotte da diversi gruppi internazionali, che i Bronzi furono realizzati ad Argo, nel Peloponneso. Inoltre, le due statue, praticamente identiche nelle dimensioni, e, quindi, parte di un gruppo unitario, suggeriscono con forza una lavorazione nella medesima bottega artigianale, sia pure per opera di due diverse equipe, ognuna con diverse maestranze.
A questo proposito, sembra innegabile che il Maestro del Bronzo A sia più anziano e legato a uno stile più severo, mentre il Maestro del Bronzo B sia più aperto a stilemi classici.
Senza ombra di polemica, infine, qualsiasi confronto con i bronzi di San Casciano, dal punto di vista artistico, è certamente fuorviante, perché non si possono certo accostare tra loro opere di committenza pubblica con un budget pressoché illimitato, ed ex voto privati, senza alcuna pretesa di eccellenza.
A queste certezze si aggiungono ora tre scoperte di grande rilievo, difficilmente contestabili.
La scoperta del piedistallo nell'agorà di Argo
Il primo dato è il ritrovamento effettuato dall'archeologo greco Konstantinos Tziampasis nell'agorà di Argo. Su un piedistallo facente parte di un'esedra, sono stati da lui identificati i segni dei piedi del Bronzo A.
Questa intuizione è stata verificata e confermata da me e dal visual designer Saverio Autellitano, individuando nella base anche il segno lasciato dalla punta della lancia del Bronzo A. Questa scoperta rende inequivocabile l'appartenenza del Bronzo A a quel piedistallo, rafforzando ulteriormente l'ipotesi della sua provenienza da Argo.
La statua compatibile ritrovata ad Argo
La seconda scoperta significativa è opera dell'archeologo Christos Piteros, sempre ad Argo, dove è stata rinvenuta una statua delle dimensioni compatibili con quelle dei Bronzi di Riace. Le analisi chimiche condotte sulla terra di fusione hanno dimostrato che questa è identica a quella utilizzata per i Bronzi, confermando la comune origine geografica e la probabile realizzazione nella stessa officina.
La copia antica del Bronzo A
Infine, una scoperta sorprendente è legata a una copia antica del Bronzo A, un bronzetto di 30 cm oggi custodito al Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford, Connecticut. Questo bronzetto, donato al museo dal finanziere americano J.P. Morgan, era stato ripescato dal Tevere nel 1916, come dimostra la documentazione del museo, consultata grazie alla grande disponibilità dai curatori americani. L'opera era già stata notata dal celebre archeologo John Boardman, il quale ne attestò l'antichità. La perfetta somiglianza tra il bronzetto e il Bronzo A suggerisce che i Bronzi siano stati portati a Roma dopo la loro permanenza ad Argo. Sorprende però che alcuni studiosi contemporanei, occupandosi di questa statuetta, non abbiano evidenziato questa connessione, nonostante la chiara corrispondenza tra le due opere.
Questi nuovi dati offrono un contributo significativo alla comprensione dei Bronzi di Riace e arricchiscono il quadro delle conoscenze relative a questi capolavori dell'arte greca.
A nostro avviso, infine, è fondamentale continuare a promuovere un dialogo costruttivo tra specialisti e appassionati, basato sulle evidenze scientifiche piuttosto che sulle intuizioni personali e i preconcetti archeologici ormai superati dagli studi contemporanei, per garantire che la storia di questi straordinari reperti continui a stimolare la curiosità e l'interesse di tutti.
Eligio Daniele Castrizio
Professore presso l'Università degli Studi di Messina
Per approfondire, vai al sito www.magnagrecia3d.com